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Berlin Linea nelle Linee 2019 Oltre Le Apparenze

... "Dove sta la bugia di Antonella Bozzini? Paradossalmente, nella sua sincerità di intenti ed esecuzione. Offre una sua lettura e interpretazione dell’attuale paesaggio urbano di Berlino, della sua architettura della “rinascita” nazionale e del suo orgoglio ferito all’indomani dell’estate Quarantacinque di fine della Seconda guerra mondiale, affinché ciascuno di noi, alla presenza delle sue fotografie, possa esprimere pensieri suoi autonomi, partire per viaggi individuali. " Testo Critico Maurizio Rebuzzini e curatela di Andrèa Romeiro

Oltre la superficie a tutti apparente

Passa! Come passa, il Tempo. Giusto in date coincidenti con l’inaugurazione della prima (non certo timida) uscita pubblica dell’intenso progetto fotografico dell’attenta Antonella Bozzini sulla nuova architettura urbana di Berlino, la Fotografia celebra il centottantesimo anniversario dalla propria presentazione originaria in Italia (e basti questo accenno, senza ulteriori dettagli, né approfondimenti). Tanto che saremmo tentati di ignorare ed evitare il richiamo esplicito che la selezione Linea nelle Linee rivolge al trentesimo dalla caduta / dall’abbattimento del Muro... per antonomasia. Ma -egoisticamente- non lo possiamo fare, né vogliamo farlo, perché questi trent’anni si aggiungono ai centocinquanta della Fotografia: cifra tonda, ai tempi celebrata solennemente. Da cui, 1989 in duplice sentimento: prima, universale, politico e sociale; poi, intimo e privato di e per chi -come noi- frequenta la Fotografia (autentico linguaggio visivo dal Novecento) come fondamento di Esistenza e Vita.
Così che, come tutti i fotografi, artisti che esprimono la propria espressività da centottant’anni esatti (da quel fatidico 1839, nel quale è cominciato tutto... forse), anche Antonella Bozzini è una inguaribile bugiarda. Lo è perché e per quanto controlla, fino a dominarlo perfettamente, il proprio linguaggio. Così come un bravo narratore mente per far comprendere il proprio racconto, omettendo qui, sottolineando là, soprassedendo a destra e allungandosi a sinistra, anche il bravo fotografo dissimula per lo stesso, identico motivo: per far comprendere il proprio racconto.
Per cui, anche individuando i luoghi fotografati da Antonella Bozzini, a pretesto del proprio narrare per immagini, non si percepiranno le stesse emozioni che, invece!, trasmettono le sue immagini. La realtà è una cosa, la sua rappresentazione fotografica un’altra. Ciò detto, è necessario rilevare e rivelare la prepotente personalità linguistica della Fotografia, che è raffigurativa per necessità (per forza di cose, deve rivolgersi a un soggetto effettivo, naturale o costruito che sia), e rappresentativa per scelta e volontà: non necessariamente ciò che mostra è quello che vediamo, dobbiamo vedere, possiamo comprendere.
Dove sta la bugia di Antonella Bozzini? Paradossalmente, nella sua sincerità di intenti ed esecuzione. Offre una sua lettura e interpretazione dell’attuale paesaggio urbano di Berlino, della sua architettura della “rinascita” nazionale e del suo orgoglio ferito all’indomani dell’estate Quarantacinque di fine della Seconda guerra mondiale, affinché ciascuno di noi, alla presenza delle sue fotografie, possa esprimere pensieri suoi autonomi, partire per viaggi individuali.
Ancora, dove sta, allora, la sua bugia? Nel raccontare con perizia e cognizione di causa, affinché nessun osservatore possa disperdersi in una confusa selva di tante sollecitazioni casuali, ma imbocchi con decisione il proprio cammino, che può coincidere con quello delle sue intenzioni d’autrice, ma anche distaccarsene.
Mettiamola così: con la qualità delle sue fotografie (e non ci riferiamo a quella formale che dall’accurata inquadratura passa attraverso una confortevole composizione, per presentarsi, infine, in stampe colore ottimamente eseguite), con la qualità dei contenuti delle sue fotografie, eccoci, Antonella Bozzini scandisce i tempi esatti del racconto e del coinvolgimento conseguente. Non si perde per strada, e permette anche a noi osservatori di percorrere una nostra linea retta; non racconta nulla di superfluo, per dare fiato a quanto è effettivamente necessario: visioni pacate, all’alba, senza presenze/figure umane (Sapiens?), che impongono la riflessione, che inducono in tentazione. Da non credere, soprattutto ai nostri giorni: inducono alla tentazione di pensare, ciascuno per sé, ma anche in condivisione con altri.
Soltanto -Uomo avvertito, è mezzo salvato / Donna avvertita, è mezzo salvata-, non si cerchi la sintonia con l’autrice: si è già espressa con le proprie immagini, e nulla altro ha da aggiungere. Quindi, ognuno parta da queste fotografie, da queste folgorazioni, da questi squarci nel buio per comporre i tratti del proprio percorso, che sarà avvincente per almeno due motivi: perché proprio, anzitutto, e perché sollecitato da una fotografia di alto profilo.
La Fotografia è magica e magia giusto per questo. Non necessariamente racconta dei propri soggetti, spesso invitati a richiamare altre intimità che non la propria apparenza a tutti manifesta. Ma rivela sempre qualcosa dell’autore, in questo caso dell’autrice, che coinvolge tutti nella sua visione.
Alla fin fine, è esattamente questo il senso di ogni Fotografia. Se la osservate attentamente, e vi allineate con il suo spirito, vi può rivelare molto su voi stessi.
Maurizio Rebuzzini

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